Presentazione

“Vuoti a perdere” il cui silenzio è un frastuono che va ascoltato, perché nessuno possa più dire “non sapevo che la mafia fosse un male”. I primi sono i “mostri” da prima pagina. I killer della mafia. Sei quelli che, dal 41 bis del carcere di Sulmona, il cosiddetto “carcere dei suicidi”, per la prima volta si raccontano alla giornalista della Rai Abruzzo Angela Trentini nel libro “La speranza oltre le sbarre”. In mano un registratore e un libricino di Papa Francesco: è iniziata così l’inchiesta divenuta li libro che sarà al centro dei tanti incontri promossi dall’Ordine dei giornalisti. Il primo  si terrà il prossimo 29 maggio a Palermo presso la sede dell’Ordine di Sicilia con la presenza, tra gli altri, di Maria Falcone.  Ed è proprio la sua una delle altre voci che, nel libro, fa da contraltare, insieme a quelle di Nando Dalla Chiesa e Manfredi Borsellino, a quelle di alcuni degli assassini dei loro padri e fratelli e, tra gli altri, anche del giudice Rosario Livatino.

         “Vuoti a perdere”, come li ha definiti il coautore del libro, il teologo sistematico Maurizio Gronchi, verso cui “ogni forma di pietismo – come sottolinea Gronchi – sarebbe soltanto inutile, senza contare che si farebbe un torto anche alle vittime delle loro azioni e il dolore delle vittime è da tenere sempre ben presente”. “Non un’inchiesta tra chi è stato ai vertici di organizzazioni criminali che hanno segnato il corso del nostro Paese – precisa la Trentini -. Piuttosto il resoconto di un incontro, un vero e proprio contatto con l’Uomo-Criminale: lo si guarda in faccia e si ascoltano le sue parole, lo si aiuta a riconoscere la sua coscienza ma senza idealizzare, senza sottintendere alcuna indulgenza”.

         Allora perché dargli voce? Perché come ricorda Nando dalla Chiesa, si faccia proprio il monito dell’attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ai funerali del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa affermò: “la mafia vuole il silenzio, la mafia uccide anche grazie al silenzio”.

         Il silenzio di vite in qualche modo “segnate”, come quella di Domenico Ganci, figlio del boss Raffaele Ganci che proprio degli omicidi di Falcone e Borsellino fu uno dei mandanti che senza cercare comprensione si racconta come un uomo convinto delle scelte fatte perché le uniche scelte possibili: “giudico la mia coscienza ‘pulita’ – afferma – perché ho inseguito tutto ciò che ho visto fare dai miei genitori. Ciò che per loro era giusto lo era e lo è ancora per me”. Una sorta di percorso obbligato da una storia già scritta che deve poter essere invece riscritta per quei ragazzi che non sembrano avere altra via d’uscita.

         Tra le testimonianze raccolte dalla Trentini anche quelle di due degli assassini del giovanissimo Rosario Livatino, freddato mentre andava a lavoro il 21 settembre del 1990 e per cui è oggi in corso il processo di beatificazione. All’epoca 38enne, il “giudice ragazzino” privo di scorta perché non voleva mettere in pericolo la vita di padri di famiglia, rivive anche attraverso le voci di chi, per lui, non ebbe alcuna pietà. Accade con Domenico Pace e la lettera olografa scritta a Papa Francesco e consegnata ad Angela Trentini “per raccontare chi ero e chi penso di essere oggi” ; anche  Gaetano Puzzangaro, “a Musca”, esecutore materiale del brutale assassino che dal carcere di Opera racconta le sue “sciagure scelte” affermando di avere “il dovere morale di espormi come esempio fallimentare per tutti quei giovani che pensano di trovare nella criminalità organizzata eroismo, successo, soldi facili, rispetto”.

         Un libro-inchiesta quello di Angela Trentini e Maurizio Gronchi che non è a caccia di scoop. Il suo intento è dare voce ai detenuti ostativi e aiutarli ad avviare una profonda introspezione. Con parole semplici, la giornalista cerca di trasmettere le grandi tematiche della teologia morale mediante la maièutica, sollecitando così il detenuto a scavare dentro se stesso, nella propria coscienza, alla ricerca della verità e tirarla fuori.

         Non un libro sull’indulgenza, ma sulla conoscenza degli uomini e dei fenomeni che li hanno resi “mostri” da prima pagina.  Parafrasando Primo Levi “se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”.

         Le voci di chi ha ucciso e di chi porta dentro un dolore incancellabili, i partenti delle vittime, aprono un confronto e una riflessione rompendo il silenzio di quei “vuoti a perdere – sottolinea Gronchicondannati a vivere lo stesso giorno all’infinito, ad abitare e a condividere una dimensione in cui drammi e miserie collettive, convivono con desideri e speranze individuali di riscatto”. Un riscatto che non è solo il loro, ma che “riguarda ognuno di noi”.

         Con Maria Falcone, il 29 maggio nella sede di Palermo dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, ci saranno anche, oltre alla Trentini e Gronchi, il presidente dell’Ordine dei Giornalisti Sicilia Giulio Francese, la consigliera dell’Ordine Maria Pia Farinella, il presidente dell’Unione Stampa Cattolica Sicilia (Ucsi) Domenico Interdonato e il consigliere Nazionale Ucsi Salvatore di Salvo.

            Seguirà la presentazione l’8 giugno alle 16.00, nell’auditorium dell’Università d’Annunzio con il Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, mons. Bruno Forte arcivescovo di Chieti, Giovanni Legnini, vicepresidente del CSM e i due autori del volume Angela Trentini e Maurizio Gronchi.

L’evento prevede crediti formativi dagli Ordini dei Giornalisti e degli Avvocati.