Presentazione

“Vuoti a perdere” il cui silenzio è un frastuono che va ascoltato, perché nessuno possa più dire “non sapevo che la mafia fosse un male”. I primi sono i “mostri” da prima pagina. I killer della mafia. Sei quelli che, dal 41 bis del carcere di Sulmona, il cosiddetto “carcere dei suicidi”, per la prima volta si raccontano alla giornalista della Rai Abruzzo Angela Trentini nel libro “La speranza oltre le sbarre”. In mano un registratore e un libricino di Papa Francesco: è iniziata così l’inchiesta divenuta li libro che sarà al centro dei tanti incontri promossi dall’Ordine dei giornalisti. Il primo  si terrà il prossimo 29 maggio a Palermo presso la sede dell’Ordine di Sicilia con la presenza, tra gli altri, di Maria Falcone.  Ed è proprio la sua una delle altre voci che, nel libro, fa da contraltare, insieme a quelle di Nando Dalla Chiesa e Manfredi Borsellino, a quelle di alcuni degli assassini dei loro padri e fratelli e, tra gli altri, anche del giudice Rosario Livatino. Leggi tutto “Presentazione”

Presentazione del Libro

Un’inchiesta che diventa libro.

I più feroci criminali del nostro Paese si raccontano per la prima volta, parlano di coscienza e avviano un confronto con i familiari delle vittime, Maria Falcone, Nando Dalla Chiesa e Giuseppe Livatino e altri.

 

Uomini etichettati dalle cronache giudiziarie come “mostri”, condannati per i grandi crimini e per le più dolorose stragi che hanno cambiato la storia italiana. Angela Trentini entra nel super carcere di Sulmona (AQ), noto come il “carcere dei suicidi”, con in mano un registratore e un libro di Papa Francesco. Da anni sensibile al mondo carcerario e autrice di servizi e inchieste sui detenuti per le varie testate del servizio pubblico, la cronista non è alla ricerca dello scoop: il suo intento è dare voce ai detenuti ostativi e aiutarli ad avviare una profonda introspezione. Con parole semplici, cerca di trasmettere le grandi tematiche della teologia morale mediante la maièutica, sollecitando così il detenuto a scavare dentro se stesso, nella propria coscienza. Pur se condannato per quaranta omicidi ed associazione mafiosa, Mimmo, figlio di un boss dei boss fedelissimo di Totò Riina, e corresponsabile degli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino, non si riconosce nell’appellativo “criminale”. “Giudico la mia coscienza pulita perché ho inseguito tutto ciò che ho visto fare dai miei genitori”. La famiglia, dunque, evidenzia Mimmo, è il centro del mondo, il rifugio, il metro di tutte le cose. Leggi tutto “Presentazione del Libro”